• Quante sedute servono?
• Riuscirai a risolvere il problema?
Molto probabilmente non vale solo per gli osteopati, ma confrontandomi con i colleghi e per esperienza personale, posso dire che queste sono tra le domande più frequenti. E sono domande certamente lecite e comprensibili, ma perché vengono poste? Potremmo rispondere: semplice, stanno soffrendo e quindi voglio sbarazzarsi al più presto del dolore, del sintomo. Semplice. Questo è vero, ma solo in parte. La questione è un po’ più complessa. In realtà sono i pazienti con dolori acuti, quelli più “freschi” e recenti che voglio liberarsi dal dolore nella maniera più rapida possibile. Altro discorso vale per i pazienti “cronici”… cioè la maggioranza (sigh!).
Quando un determinato dolore è una novità, rappresenta ancora qualcosa di estraneo a cui il paziente ancora non si è abituato, ancora non ha trovato strategie utili a farvi fronte, per gestire il dolore e/o conviverci. Quindi è normale che quando il dolore è nuovo, il paziente ha fretta, e forse anche un po’ di ansia e paura… e quindi vuole solamente liberarsi al più presto di questo dolore, forse nella speranza inconscia che questo dolore non sia qualcosa di più grave e profondo e che può evolvere nella cronicità.
Ma la realtà è che spesso la maggior parte dei pazienti sono pazienti cronici, con sintomi presenti da anni se non decenni. Sono ormai abituati a quella situazione, il sintomo in un certo senso fa ormai parte di loro. Per varie e disparate situazioni imputabili a stili di vita che potremmo definire “occidentali”, per una commistione di vari fattori, oggi la cronicità è un po’ la normalità (non ci dilungheremo ora su quest’argomento tanto complesso quanto interessante ed urgente).
Chiaramente anche nella situazione cronica il paziente vorrebbe sbarazzarsi una volta per tutte del dolore, ma forse non c’è tutta quell’urgenza del paziente acuto che non era certo abituato al dolore ed alle limitazioni che ne conseguono. Il paziente con dolore cronico negli anni ha acquisito conoscenza rispetto al suo dolore, ne è più consapevole sotto molti aspetti e quindi sa che potrebbe volerci un po’ di tempo. Non ha in mente la domanda: quante sedute occorrono? È più concentrato nel comprendere SE questo professionista potrà risolvere il suo problema, SE e quanto è competente e professionale. Sa che ci vorrà tempo ed è disposto ad un percorso con un professionista che gli appare tale, di cui si fida. Ne ha visti tanti di professionisti, e spesso ha speso tante risorse in termini di tempo e denaro ed ha acquisito una certa competenza nel giudicare un professionista, ne ha visti tanti, con tante delusioni, risultati parziali più o meno incoraggianti, e forse riuscirà molto bene a giudicare il nostro operato di osteopati.
Una volta assodata la professionalità il problema rimane l’impegno economico che il paziente pensa di sobbarcarsi quando inizia un percorso osteopatico. E qui ho dovuto notare che molti colleghi o specialisti chiedono cifre davvero improponibili, giustificabili solo nel caso il problema fosse risolvibile in una o due sedute (ps: vi assicuro che, purtroppo, è la normalità sentire quotidianamente storie di pazienti che hanno dovuto sborsare cifre davvero esose per avere al massimo una banale prescrizione che non risolve nulla, se non alleviare momentaneamente un sintomo).
Il paziente giustamente deve farsi due conti per capire se può permettersi questa ennesima promessa di stare meglio. Cosa rispondo io?
Rispondo che è – spesso – molto difficile sapere con precisione quanto tempo occorrerà, ma che in linea di massima possiamo parlare di tre-sei sedute per avere dei miglioramenti. Ogni paziente è diverso. Ogni sintomo per quanto simile proviene da una storia spesso complessa e comunque unica ed irripetibile.
Nell’epoca della medicina chimico-fisica mirata alla soppressione del sintomo siamo stati abituati (o per meglio dire educati e istruiti) a ragionare in termini di causa-effetto, con una specifica sequenza temporale: ho il sintomo X, prendo il farmaco X, agirà nei tempi X. È tutto “scientificamente” predittibile, certo… considerando l’unica variabile del sintomo, ma la realtà di un essere vivente, umano in questo caso, è assai più complessa. La complessità ed unicità dell’uomo rende spesso molto difficile fare previsioni con precisione temporale.
L’osteopatia è figlia della complessità, cioè si relaziona e ragiona con l’umana complessità (agli antipodi di un certo riduzionismo) ed è questa la difficoltà maggiore nel rispondere alla semplice domanda “quanto ci vorrà?”, e di conseguenza: “quanto mi costerà”? Giuro che se potessi rispondere a queste domande lo farei più che volentieri ma, ahimè, spesso non è proprio possibile farlo se non mentendo sapendo di mentire. Possiamo fare previsioni, supposizioni, posso offrire tutta la disponibilità a venirsi incontro anche sull’aspetto economico laddove questo sia un reale problema. Ma una cosa non posso farla: predire il futuro. Posso, in base quanto ho compreso della persona che ho di fronte, a ciò che ho compreso del suo problema e del suo vissuto, fare ipotesi il più possibile verosimili. Ogni paziente è diverso. Ogni risposta è perciò diversa. E questo non è certo un concetto banale. Spesso chi si rivolge ad un professionista della salute considera non sé stesso ma il sintomo che presenta. Quindi il ragionamento spesso è: io ho questo sintomo, anche Luigi (nome ipotetico) ha gusto problema e l’ha risolto così, quindi anch’io mi aspetto di poterlo risolvere così. La logica linearità di causa-effetto si è insinuata nelle nostre menti ma la realtà della complessità rende tutto diverso, unico, irripetibile.
Ad ogni nuovo incontro è per me fondamentale che risulti chiaro questo concetto: ogni essere è unico ed irripetibile. Con tutto ciò che ne consegue. Il paziente può pensare che questa sia una risposta un po’ “paracula”… ma è veramente così: ogni essere, ogni sintomo, ogni storia, ogni dolore, è diverso, è unico, e richiede perciò un percorso unico, un ragionamento clinico unico, e delle tecniche-trattamenti “cuciti” apposta per lui.
Solitamente 4 fattori influenzano il numero di sedute: Tipologia della problematica, cronicità del dolore, età del paziente (età biologica più che anagrafica), impegno del paziente.
1 – Tipologia della problematica:
Alcune problematiche sono più più difficili di altre, anche apparentemente simili. Ad esempio la lombalgia acuta è molto diversa da una cronica e le cause di un mal di schiena possono essere tra le più disparate, più semplici o più complesse.
2 – Cronicità del dolore:
Da quanto tempo è presente questo dolore? Normalmente un dolore presente da più tempo richiede un maggior numero di sedute. Un dolore può avere svariate origini, percorsi, sfumature, è unico come il suo portatore. Spesso diamo un unico nome (ad es. “lombalgia”) a dolori che in realtà sono molto diversi sebbene possano presentarsi simili nella sintomatologia.
3 – Età del paziente:
L’osteopatia basa la sua efficacia sulle capacità di autoguarigione del corpo. Questo significa che ogni essere umano ha a disposizione determinate “quantità” e “qualità” di “forze”, ha una determinata riserva di energie a disposizione per poter guarire, per innescare processi autocorrettivi di guarigione. Il nostro compito è valorizzare e potenziare questa capacità. Potremmo dire anche così (perdonate la banalità del paragone): il serbatoio è pieno? Ci sono perdite di benzina? Parliamo di risorse psico-fisiche biologicamente disponibili, date dallo stile di vita, dalle personali peculiarità, dall’impegno, ecc…
4 – Impegno del paziente nel seguire le indicazioni:
Il paziente ha un ruolo attivo nella terapia e quindi nel processo di guarigione. Questo potremmo scriverlo a caratteri cubitali all’ingresso nel nostro studio. I successi più grandi possono essere resi vani da una mancanza di questo aspetto… a volte chiediamo al paziente di riposare di più, oppure di andare da un oculista o un qualsiasi specialista per verificare una potenziale problematica che può riguardare il motivo per cui si presenta da noi… e mille altri esempi. Parlo dell’impegno del paziente nel seguire indicazioni, suggerimenti, che chiaramente vengono concordati e che sono importanti ed hanno un ruolo fondamentale nel buon esito della terapia. Spesso queste indicazioni fanno riferimento allo stile di vita: movimento, alimentazione, riposo, abitudini varie…
Bene, spero che queste poche righe possano aiutare a comprendere quanto sia difficile rispondere a questa domanda. Il punto essenziale è che occorre un rapporto di fiducia reciproca, di trasparenza e competenza da parte del professionista. Rivolgersi ad un osteopata non può essere paragonato o confuso con l’assunzione di un antidolorifico, ad un’auto che ha bisogno di una revisione (paragone frequente). Significa mettere a nudo la propria unicità e complessità, significa essere disposti a conoscersi e comprendere che un sintomo non è un fenomeno isolato, una meteora caduta all’improvviso dal cielo. È un messaggio, un campanello che suona e ci indica un “ingranaggio” bloccato nella ricerca della pienezza nella vita.
Buona vita.
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