Tradotto da: https://traditionalosteopathyedu.com/remembrance/reflections/
La paura è qualcosa che tutti sperimentiamo, ma le relazioni individuali con la paura variano considerevolmente. Come medico generico per oltre cinquant’anni, ho avuto conversazioni intime con migliaia di individui unici sulla “loro paura” e la loro relazione con essa. La paura può variare in natura da un terrore acuto emergente a una paura subliminale cronica così simile all’individuo che rimane costante e inosservata (PTSD – disturbo post traumatico da stress). In condizioni naturali la paura va e viene di pari passo con le sorprese della vita. Dove la paura diventa “stabile” e “inflessibile”, la risoluzione di successo è proporzionata alla salute della propria stabilità e integrità percettiva.
Praticando tra i “nativi” rurali del Maine, mi sono presto reso conto che avevano qualcosa di “speciale” dietro una parvenza a volte stoica. Le persone rurali vivono sulla terra, profondamente consapevoli delle stagioni, del cambiamento del tempo e dell'”inconveniente” degli eventi naturali. Vivono nel tempo con la natura e i suoi stati d’animo. Questa relazione quotidiana mantiene il proprio osservatore “attivo” ma in un modo diverso dall’uomo “di città”. Un naturale equilibrio percettivo tra qualcosa di più grande e qualcosa che vive all’interno di quella Grandezza (sé) viene costantemente nutrito. Non vengono ignorati gli eventi naturali “accelerando” il ritmo della vita. Quando la propria attenzione non è focalizzata solo sull’evento in questione, ma è anche contemporaneamente consapevole dello “sfondo” (attenzione divisa)… viene mantenuto un certo equilibrio che consente di “osservare” la propria paura in un contesto più ampio e pacifico. Questa separazione tra l’osservatore e la paura crea una relazione equilibrata che consente alla paura di essere compresa, non “trascurata” o negata. La propria integrità percettiva è una caratteristica essenziale di come si risponde alla paura, di come si integra e si comprende il suo vero significato. La fede nell’amore e nel riparo di Dio guarirà lo squilibrio.
Oltre a imparare e ammirare i miei vicini rurali, ho imparato molto sulla paura dagli animali incontrati nei viaggi nella natura selvaggia. Naturalmente liberi, gli animali in natura, sono come i nativi rurali, individui vigili e unicamente equilibrati, mentre gli animali domestici o in cattività tendono a perdere la precisione sensoriale. Gli animali in un ambiente selvaggio sono molto attenti, il loro senso è ampio e pieno. Quando percepiscono il pericolo, queste meravigliose creature rimangono “immobili”, senza questa paura “nevrotica”. Aspettano, osservano e poi agiscono istintivamente verso un senso di continuum e saggezza. L’attesa è un elemento chiave per rispondere all’inaspettato. Nel caso della malattia umana, la paura può scatenarsi e l’individuo prenderà decisioni irrazionali essendo eccessivamente “razionale” sulla situazione. Attendere e permettere all’intuizione e all’istinto di contribuire al momento con la paura produrrà un’inaspettata facilità d’azione. Ci si sente come un alleato di sé stessi abbracciato da un ritmo che è calmante.
La paura ci porta conoscenza. Se tentiamo di spingerla via, i nostri sensi crolleranno e falliranno. Se aspettiamo, scopriamo che la paura ci sta portando a una fiducia più profonda, liberandoci dalla “presa” dell’ambivalenza razionale con il suo spaventoso bisogno di essere immediatamente a proprio agio e sottomesso dalla negazione.
La mia conclusione, sia nei miei lavori che in quelli dei miei amici e pazienti è che la radice della paura è una separazione dalla Totalità dell’Amore. La paura sorge quando perdiamo il nostro senso dello Sfondo Divino, quando si restringe il proprio campo percettivo al punto in cui uno è “solo”, separato e freddamente isolato dal senso periferico più ampio dei tempi della natura e dal calore divino dell’unicità.
Durante lo stress, il sensorio crolla, un individuo prova “paura”, scatta un allarme che ci avverte che siamo in pericolo di perdere noi stessi, di comprimere le nostre anime e di imprigionare il nostro senso di vita. La paura come una sveglia sana cerca di spingerci a risvegliarci. Se non lo facciamo, la paura rimane cronicamente radicata in un dolore e una solitudine sempre crescenti dimenticando l’oggetto del suo stato causale. Si rimane “persi”, spesso non ricordando “sé stessi” mentre il ciclo percettivo si chiude più strettamente. In tutta la sua varietà la paura ci ricorda che manca qualcosa e alla fine arriviamo a un punto di memoria che ci parla così profondamente che una morbidezza pervade la durezza della paura e sentiamo la luce curativa di una vista che si allarga e l’abbraccio divino della libertà.
La paura è l’amico che suona il campanello del nostro essere, sperando che qualcuno risponda. Il nostro compito è quello di ascoltare questa chiamata e attendere in una visione più ampia, fino a quando un equilibrio naturale emerge dal nucleo istintivo del nostro essere. Questa non è fede, è una conoscenza istintiva della propria Origine dentro e dal grembo della Vita, e porta con sé una consapevolezza che ci porta nella calma delle forze materne presenti in natura.
Un trattamento osteopatico ha lo scopo di neutralizzare la paura e sentirsi più a casa con essa… risolve lentamente la paura mentre la comprensione alimenta il cambiamento.
Citazione: “Non essere mai governato dalla paura, solo dall’amore” (Master sufi Richard Feilds, 1978).
L’Amore che ci governa è dolce ed eterno. La paura è l’opposto… allineati con la luce verticale che ti alimenta.
Jim Jealous, Luglio 2020
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