Prima di tutto occorre distinguere il reflusso gastroefosageo (RGE) dalla malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE o GERD in inglese, Gastro-Esophageal Reflux Disease). Nel primo caso si tratta si tratta del reflusso nell’esofago del contenuto di stomaco e duodeno, con vomito e rigurgito ricorrenti, mentre nel secondo caso si tratta di una complicazione patologica del reflusso, con diversi sintomi, più gravi, aggiunti a quelli del normale reflusso.

Quando mangiamo l’esofago fa procedere il cibo verso il basso, per poi riversarlo nello stomaco. Il passaggio tra i due è regolato da uno sfintere (LES – sfintere esofageo inferiore), la cui chiusura impedisce il transito inverso, cioè che il contenuto dello stomaco risalga nell’esofago. Quando malauguratamente ciò accade l’acido cloridrico  (ed in alcuni casi anche la bile) vengono a contatto con la mucosa dell’esofago provocandone l’infiammazione (esofagite), con possibile insorgenza di sintomi caratteristici, come la pirosi (bruciori). Per quanto non sia considerato un disturbo grave, è uno dei disturbi più frequenti a livello gastrointestinale. Solo in Italia si calcola che ne siano colpiti 4 milioni di persone! Piccoli ed occasionali reflussi sono considerati fisiologici, ma in alcuni casi l’aumentata frequenza e intensità dei reflussi può assumere valenza patologica, evolvendo in ulcere all’esofago, questo perché la parete interna dell’esofago, a differenza della mucosa gastrica, non è in grado di resistere alle aggressione dell’acido cloridrico proveniente dallo stomaco.

I meccanismi alla base dell’insorgenza di questo disturbo possono essere molteplici ma generalmente sono:

  • Riduzione del tono dello sfintere esofageo inferiore (LES, lower esophageal sphincter)
  • Alterazioni strutturali alla barriera anatomica data dall’angolo di HIS (l’angolo formato dalla giunzione di esofago e stomaco)
  • Alterato svuotamento gastrico
  • Ridotta salivazione
  • Alterazione di tutti quei fattori e strutture anatomiche che stabilizzano l’esofago e la giunzione gastro-esofagea, impedendo il prodursi di ernia iatale (il reflusso gastroesofageo è spesso associato a ernia iatale, caso in cui la porzione terminale dell’esofago viene facilmente esposta al contenuto gastrico) 

Mentre i sintomi più tipici sono:

  • Bruciore retrosternale (pirosi)
  • Rigurgito (liquido amaro nella cavità orale)
  • Difagia, eruttazioni, faringiti, disfonie, tosse irritativa, otalgie

Il trattamento osteopatico

Il trattamento osteopatico sarà, come in ogni caso, unico e pianificato in base alle specifiche esigenze e disfunzioni specifiche del caso. Lo scopo è quello di ripristinare il corretto equilibrio omeostatico, normalizzare l’attività del sistema nervoso autonomo a livello della giunzione gastroesofagea, promuovere una corretta circolazione linfatica, normalizzare quelle ‘disfunzioni somatiche’ che impediscono all’organismo di far fronte a questa condizione.

Può capitare spesso che l’osteopata vada ad indagare e trattare strutture che apparentemente non sembrano essere in relazione al sintomo: le relazioni che si possono instaurare tra i vari distretti corporei sono numerosissime e possono apparire ‘strane’ agli occhi del neofita; sono delle ‘catene funzionali’ date da relazioni di tipo anatomico, neurologico, fasciale, embriologico, circolatorio, e può capitare che una zona anche lontana dal sintomo sia la chiave per risolvere l’intero problema.

Fermo restando la specificità dell’approccio osteopatico, in questo caso è probabile che l’osteopata vada ad indagare ed eventualmente trattare determinate strutture:

  • Sistema nervoso autonomo tramite i segmenti vertebrali che innervano esofago e stomaco
  • Trattamento di eventuali disfunzioni strutturali a vertebre e relative coste
  • Diaframma toracico
  • Controllare ed eventualmente normalizzare i rapporti pressori tra i vari diaframmi corporei
  • Vertebre dorso-lombari (D10-L2-3) vista anche la contiguità anatomica e l’inserzione del diaframma a questo livello, e di altre strutture anatomiche coinvolte
  • Vertebre cervicali C3-4-5 (nervo frenico)
  • Gangli del sistema nervoso autonomo (ganglio celiaco)
  • Base del cranio e rapporti tra occipite-atlante-epistrofeo, verificando mancanza di compressioni a carico del nervo vago
  • Strutture viscerali (stomaco, esofago, duodeno, esofago, ecc…) e relativi mezzi legamentosi di connessione e sospensione

In genere sono sufficienti pochi trattamenti per verificare se l’approccio osteopatico può essere di aiuto. In ogni caso il trattamento osteopatico, anche se non sarà risolutivo potrà essere di aiuto con una riduzione dei sintomi, un migliore controllo da parte del sistema nervoso autonomo, un maggiore controllo delle reazioni di stress a questa condizione. Se associato ad un corretto stile di vita ed una dieta appropriata sarà massimalmente efficace, così come abbinato ad altri approcci medici, allopatici, omeopatici, naturopatici.

Ovviamente anche lo stile di vita (quindi abitudini alimentari, posture scorrette, ecc…) giocano un grande ruolo nell’insorgenza o nel mantenimento di questa condizione. È necessario perciò fare attenzione e prendersi cura anche di questi importanti aspetti:

  • Evitare cibi eccessivamente acidi o comunque irritanti: agrumi, pomodori, cipolle
  • Evitare o ridurre tabacco, caffé, alcool, cioccolato, menta
  • Evitare cibi troppo speziate
  • Evitare bevande gassate
  • Evitare posture con il busto troppo flesso in avanti (ipercifosi)
  • Evitare indumenti o cinture che stringono l’addome
  • Evitare di sdraiarsi dopo i pasti
  • È consigliato perdere peso qualora in sovrappeso
  • Cenare almeno tre ore prima di coricarsi
  • Evitare pasti troppo abbondanti e preferire più pasti con quantità minori