Di Patrick Jouhaud, Medico e Osteopata
Tradotto dall’articolo originale pubblicato su Ostéo4pattes – Site de l’Ostéopathie
Traduzione di Andrea Gasperoni Ferri Osteopata DO
- L’Osteopatia è una medicina manuale che si integra in un insieme chiamato “Interventi non farmacologici” (INM).
- È un metodo di salute referenziato, efficace, non invasivo e inquadrato da qualifiche professionali. Il suo strumento è il tocco.
- Trova le sue radici moderne nei principi vitalisti enunciati da un medico americano all’inizio del XX° sec., A.T. Still, MD, DO.
- Tra questi principi, la definizione di osteopatia si declina sotto tre denominazioni: anatomia, anatomia e, anatomia.
Quest’ultima allitterazione deve essere spiegata:
L’anatomia numero 1 è quella della conoscenza della posizione, delle forme e dei volumi e delle relazioni tra loro, degli organi che costituiscono il corpo.
L’anatomia numero 2 è quella della conoscenza dei movimenti del corpo. I più semplici sono chiamati movimenti maggiori e descrivono le attività visibili come flessioni, estensioni, rotazioni, ecc… Più sottili sono i movimenti minori perché sono palpabili da un tocco istruito, non sono visibili; sono indispensabili per una normale attività dei movimenti maggiori. Ancora più sottili sono i movimenti conseguenti all’attività respiratoria; circa 20.000 volte ogni 24 ore, inspirazione ed espirazione ritmano la vita del corpo e, pur consentendo gli scambi di O2/CO2, provocano un’attività meccanica percepibile, da un tocco osteopatico istruito, in tutte le parti del corpo. Dire che si tratta della conoscenza dei principi fisiologici del vivente è pleonastico.
L’anatomia numero 3 è quella della conoscenza della costituizone e crescita del corpo. Si tratta dell’embriologia il cui studio permette di comprendere la creazione delle funzioni attraverso le costruzioni strutturali di un organismo vivente. Questa conoscenza permette di cercare quando, come e perché un’anomalia funzionale può disturbare la salute.
Questa conoscenza delle anatomie dà all’osteopata la possibilità di una diagnosi che gli farà decidere se stabilire un percorso terapeutico manuale oppure indirizzare il suo paziente verso un professionista più adeguato alla patologia sospetta.
Questo processo è un insieme di gesti e tecniche apprese durante gli studi e le formazioni avanzate. Questi gesti sono adattati alla complessità fisiologica dell’organismo. Le cosiddette tecniche articolari sono le più conosciute, poi vi sono anche le tecniche tissutali, più discrete. Vengono definite dirette o indirette e si adattano alle diverse strutture tissutali, comprese quelle dei liquidi del corpo.
La preoccupazione centrale dell’osteopata è la salute. È un equilibrio di tutte le funzioni fisiologiche del corpo, nel crogiolo dei meccanismi chimici e fisici che gestiscono l’alchimia della vita.
Il tocco osteopatico è riparatore: è l’associazione di palpazione e percezione.
Il tatto è una sensibilità esterocettiva trasmessa principalmente dalle mani. Fa parte di un insieme di organi sensoriali o senso-motori. La funzione di questi organi è quella di catturare le informazioni esterne al corpo e trasmetterle al cervello che innesca risposte di interpretazioni e poi di decisioni (cognizione e mobilità).
Nell’ambito delle professioni sanitarie e di assistenza, il tatto è ampiamente utilizzato. Il suo obiettivo è diverso a seconda dello scopo. Pertanto, il modo di disporre della mano sarà diverso a seconda della pratica sanitaria.
La palpazione è un apprendimento di qualsiasi caregiver il quale oggettiva così rilievi, volumi, zone flessibili, altre dense, rivela dolori o tensioni. Ogni palpazione si apre a sensazioni di percezione quindi di interpretazione che è opportuno inquadrare.
È in questo spazio che il gesto trova la sua correttezza diagnostica e la sua efficacia terapeutica.
Il tocco dell’Osteopata si rivolge principalmente ai movimenti minori di tutte le strutture. Non sono necessariamente visibili ma sempre percepiti dalla mano. Sono i movimenti di scivolamento delle strutture l’una rispetto all’altra, ma anche tutta l’attività meccanica del corpo trasmessa dall’attività dei polmoni durante l’inspirazione e l’espirazione. Quest’attività si diffonde durante l’inspirazione grazie alla trasmissione di pressioni positive al di sotto del diaframma toracico, e negative al di sopra. Poiché il corpo è costituito principalmente da acqua, il tocco osteopatico sarà anche in grado di catturare informazioni specifiche trasmesse dalle proprietà fisiche e chimiche della stessa. Queste percezioni consentono una valutazione diagnostica specifica per l’Osteopatia. Questa valutazione è decisionale, sia per esclusione (il paziente viene quindi indirizzato a un medico), sia per l’elaborazione di una strategia di gesti terapeutici.
Ciò significa quindi che la mano dell’Osteopata cattura informazioni, infatti si dice comunemente che si tratta di ascolto manuale. Il cervello decide poi la condotta terapeutica; se questa è manuale, allora il tocco diventa risanatore, aiutando in tutte le guarigioni.
Il tocco dell’Osteopata si associa a uno stato di attenzione e a uno stato di intenzione. Questi due atteggiamenti riguardano i due protagonisti della consultazione – il curante e il paziente – e crea tra di essi un’interfaccia di informazioni responsabile del fatto che il tocco “tocca” prima del contatto diretto con la pelle. Questo collegamento è da considerare importante perché è come una porta d’ingresso come d’uscita, di passaggio come di fermata. Le sue qualità e la sua percezione consapevole danno al tocco dell’Osteopata le sue proprietà risanatrici.
L’attenzione del terapeuta a tutte le sensazioni e le informazioni percepite aumenta la qualità del tocco che aggiunge quindi una capacità interocettiva all’iniziale esterocezione. L’insieme corporeo diviene consapevole delle percezioni provenienti dall’interno del corpo.
La conseguenza è che l’intenzione di curare inizia prima del gesto, come una forza interiore, paragonabile al chi delle arti marziali. È generatrice di un’attitudine interiore, di una postura, che prepara il gesto, lo pensa ancor prima che si esprima e raccoglie tutta la sua potenza nell’immobilità di uno stato di essere prima di fare. Questa precessione dà alla mano anche la capacità di toccare prima del contatto vero e proprio e quindi la possibilità di gestire istantaneamente la velocità di avvicinamento come la sua destinazione. L’associazione, precisa e sottile, di tutte queste qualità, amplia i campi del possibile dell’uso del tocco osteopatico in modo che sia come un orafo nell’arte di risanare un corpo.
La conoscenza delle anatomie e la consapevolezza delle dimensioni del tocco contribuiscono al ripristino di uno stato di equilibrio e di salute. Questo stato riguarda gli aspetti di salute fisica, psico-emotiva e spirituale. Quest’ultima completa e dinamizza le precedenti. Può essere definita così:
Una forza onnicomprensiva e penetrante, una presenza all’interno di ogni corpo che trascende la conoscenza e la comprensione, le decisioni e la realizzazione del gesto risanatore, che sono l’espressione dell’esistenza del sacro in ogni atto terapeutico. Questa presenza sacra è ispiratrice e direttrice. Moltiplica i legami e dinamizza gli spazi tra gli esseri.
Contemporaneamente, ogni credenza di tipo spirituale trova un accento, una nuova intimità che accentua ulteriormente la forza dei legami di salute.
Le conseguenze immediate infondono la relazione terapeutica di bellezza e luce, e fanno sì che non possa verificarsi alcun effetto deleterio.
Se la mente ha sempre bisogno di immagini, simboli, spiegazioni talvolta poetiche, il silenzio è l’espressione della gratitudine del cuore. Probabilmente è così che si creano le condizioni di un miracolo.
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